domenica 1 giugno 2008



IL CODICE DEL TASSO


Da alcuni giorni il mondo della canzone italiana è messo a rumore da alcune notizie che, benchè volutamente ignorate dai media, attraverso canali informali e assolutamente non ufficiali, gettano un’ombra inquietante sulla kermesse Sanremese.
Sembra che un professore di filologia romanza dell’ università la Sapienza di Roma, il Dott. Prospero Flamel, stia cercando di fare luce, pur restando, appunto, nell’ombra, su una serie di misteri che, a partire da epoca antichissima, potrebbero ridisegnare il profilo storico del Festivalone nazionale.
L’interesse del professore sembra sia stato attratto, in un primo tempo dallo slogan del Festival: “ Perchè San Remo è San Remo”. Pare infatti che lo slogan reso pubblico dai promotori della manifestazione sia incompleto rispetto a quello realmente stabilito.
Sarebbe infatti stato omesso, nello slogan, un punto fondamentale per la comprensione di un grande mistero, un segreto in grado di minare le fondamenta stesse del potere dei patroni della manifestazione. Il punto omesso, ecco il punto, è appunto un punto, per l’appunto interrogativo. La domanda infatti è: “Perché San Remo è San Remo?”. Fatto questo che ovviamente sottintende l’esistenza di un interrogativo, di un mistero, di un segreto, di un qualcosa di sconosciuto su cui ci si interroga e in relazione al quale si cerca una risposta.
Sembra infatti che nei sotterranei del Teatro Ariston di San Remo sia stata ritrovata una pergamena molto antica attribuita ad una misteriosa setta segreta denominata “P.S.” ovvero Priorato di San Remo custodita sotto una lapide in pietra a forma di punto interrogativo.

Questa setta nasconderebbe ai profani, da tempo immemorabile, un segreto custodito dai TAR, sorta di monaci guerrieri conosciuti agli studiosi come i Templari dell’Ariston. Le due confraternite, legate da una rigida disciplina gerarchica, sarebbero composte da iniziati e grandi iniziati in grado di imporre la propria volontà a giurie, giurati, promotori e gestori della manifestazione, ivi compresi i discografici.
Nell’antica pergamena segreta dell’Ariston , questa misteriosa aristocrazia, farebbe riferimento ad un codice segreto noto (a pochi) come IL CODICE del TASSO.
Non si sa esattamente cosa sia questo codice del Tasso. Secondo alcuni ricercatori si tratterebbe di una sigla riferita alle parole latine TEGO ARCANA SANREMENSIS SEMPER OCCULTE, ovvero “Nascodo i segreti di San Remo sempre nascostamente”. Pare infatti che la pergamena faccia riferimento ad un Vangelo apocrifo attibuito a San Remo e risalente al 58 d.c.
Secondo altri studiosi però questa interpretazione sarebbe fasulla e diffusa ad arte dallo stesso Priorato allo scopo di depistare ogni inchiesta volta a svelare il mistero.
Il critico Berengario Salini sostiene infatti che il riferimento tenda a celare l’esistenza di un oggetto, di un manufatto sacro, in grado di attribuire magici poteri a chi ne detenga il segreto. Una sorta di chiave di volta dei misteri del festival capace di spiegare le infinite contraddizioni del festivalone nazionale.
Sembra infatti che, contrariamente a quello che la devozione popolare ritiene, la classifica della manifestazione venga decisa da un solo uomo, un Gran Maestro Incognito che nel corso dell’anno assume il ruolo di “Custode” del sacro manufatto che in alcuni documenti viene indicato con la sigla PVC.
Cosa sia in realtà questo “segno PVC” di cui si parla nella pergamena segreta nessuno lo sa. Pare che PVC altro non sia che la sigla della formula con cui viene scelto e indicato il vincitore del Festival.
Esisterebbe infatti una cripta nascosta, non si sa bene dove, ma certamente nei pressi del Tempio dell’Ariston, vigilata dai TAR, in cui nel corso del rito di iniziazione i nuovi adepti della setta assistono alla scelta del vincitore il cui nome viene preceduto dalla formula. “ Posso Voglio e Comando” (PVC appunto) che vinca Tizio o Caio.
Si tratta di una prospettiva sconvolgente che indicherebbe personaggi come Bongiorno, Baudo, Chiambretti, Vespa, Zatterin, Noschese, ed altri come Gran Maestri dell’Ordine del Tempio di San Remo, in epoche diverse, tenutari del segno del comando, custodi del Sacro Manufatto. In cosa consista questo manufatto non è chiaro. Secondo la pergamena dovrebbe trattarsi del “Sacro Remo” utilizzato per pilotare la mitica nave Argo alla ricerca del Vello d’Oro. In questo senso i concorrenti della gara canora altro non sarebbero che argonauti, pronti ad affrontare i marosi del Festival, nel tentativo di affermarsi contro un destino che in realtà è già stato scelto per loro.
Il conduttore del Festival sarebbe dunque un novello Giasone, comandante della ciurma dei concorrenti nella missione.
Una conferma a questa tesi potrebbe essere infatti contenuta nel cosiddetto codice del TASSO.
Si sa infatti che il Vello D’Oro sarebbe stato custodito tra i rami di una quercia ed infatti è famosa la Quercia del Tasso. Quell' antico tronco d'albero, che si vede ancor oggi sul Gianicolo a Roma, "secco, morto, corroso e ormai quasi informe, tenuto su da un muricciolo dentro il quale è stato murato acciocché non cada o non possa farsene legna da ardere", e si chiama appunto la quercia del Tasso perché, avverte una lapide, Torquato Tasso andava a sedervisi sotto, quand'essa era frondosa.

Ma in realtà la quercia si sarebbe chiamata così perché tra i suoi rami era nascosto il Vello d’oro simbolo del codice TASSO che nasconderebbe i segreti di San Remo. E non è un caso che si trovi proprio sul Gianicolo. Il nome del colle secondo la tradizione deriverebbe dal dio


Giano che vi avrebbe fondato un centro abitato conosciuto con il nome di Janiculum. Nell'Almachia [corruzione di Naumachia], cioè presso Santa Maria in Traspontina, si trova la meta che, si dice, fosse il sepolcro di Remo “ucciso sul Giano”, verosimilmente, il vicino Gianicolo, per ordine di Romolo.
A memoria del luogo è tutt’ora visibile la bianca piramide che tanta meraviglia ha destato nei secoli ai visitatori di Roma.
Ed è questo collegamento che ci riporta alla dimensione mitologica della cultura segreta sottesa alla filosofia del Festival: siamo in piena etimologia e significazione greca poiché l’ARISTON omerica difatti è proprio la prima refezione del mattino; mentre dopo Omero indicò anche il desinare o pranzo. Dal che si capisce la ragione dell’essenza stessa del segreto del PRIORATO DI SAN REMO: Ci mangiano! La nostra missione da qui in poi sarà di scoprire se si tratti di cibo per lo spirito o di altro: cercheremo di esplorare le segrete della Piramide, della quercia del Tasso e quelle del Tempio dell’Ariston. Qui inizia una cerca nei misteri del Festival.

Il Priorato di San Remo e l’ Opus D.
La nostra caccia alla ricerca del “Sacro Remo”, misterioso oggetto custodito dai Templari dell’Ariston, segno del comando e del potere di cui sono investiti i Superiori Incogniti padroni del mondo della canzone Italiana, inizia dalla Piramide di Roma, eretta sul luogo della presunta sepoltura di Remo, come rivelato dalla pergamena segreta del “Codice del Tasso”.
Ma proprio la Piramide è l'oggetto di un nuovo mistero. Che si tratti di una tomba non è in discussione. Ciò di cui ancora si discute è l'identità del defunto.
Fino al 1600 circa, nonostante una iscrizione esterna ben visibile e chiara, la piramide veniva considerata la tomba di Remo, fratello del fondatore di Roma Romolo, e quindi chiamata ''Meta Remi''. Anche Francesco Petrarca cadde, secondo alcuni storici, in questo errore quando, riferendosi a un suo viaggio romano, accennò di aver visto la ''Meta Remi''. Ma la verità potrebbe essere assai più complessa. Petrarca infatti potrebbe non essere stato in errore e l’incisione sulla piramide potrebbe essere di epoca assai più tarda e prodotta dal Priorato di San Remo per depistare i propri nemici.

La Piramide “meta Remi” fu realizzata in meno di 333 giorni ed è la quarta per altezza del mondo mediterraneo antico, battuta solo da quelle egizie. La piramide, oggi nota come piramide Cestia, pare dal nome dell’uomo che l’aveva voluta come proprio monumento funerario, costruita sopra la vera tomba di Remo, per secoli ha avuto fama di luogo magico legato a pratiche esoteriche. E’ noto infatti che il manufatto marmoreo è stato il punto di riferimento fisico e morale di una sorta di massoneria fondata da tre eminenti uomini romani che avevano voluto i loro sepolcri a forma di piramide.
Delle altre due adesso non c'è più traccia ma fino al medioevo (1490) ne esisteva per certo un'altra, detta “meta romuli”. La piramide, costruita in 333 giorni è rivestita da 666 lastre di marmo bianco e pare sia stata l’ispirazione della Piramide vitrea del Louvre di Parigi, voluta dal presidente Mitterand, un manufatto a sua volta costituito da 666 lastre di cristallo per ogni lato.




Eccoci finalmente davanti all’ingresso della piramide. Entrati dobbiamo scendere perchè il piano stradale è più alto rispetto all’antico ingresso. La fioca luce delle nostre lampade illumina una grande stanza vuota. Osservando l’ambiente abbiamo notato un foro di natura e funzioni imprecisate sulla parete controlaterale all’ingresso, resti di scavo nell’angolo destro rispetto all’ingresso, svariati fori di dimensioni di circa 5-6 cm(ma forse più) di diametro sul pavimento e soprattutto un cunicolo che si apre nella parete ovest e che prosegue per una certa lunghezza. Strisciando nel cunicolo abbiamo raggiunto una sorta di piccolo antro, incredibilmente ricoperto di petali di fiori freschi (segno di una devozione e di un culto permanente), con volta a botte.
Al centro della volta una incisione di cui non vi è traccia in alcun testo: PS. Un chiaro richiamo alla presenza del Priorato di San Remo. Sulla parete in fondo un affresco, dai colori ormai sbiaditi, rappresentante un vecchio alto, con pochi capelli e gli occhi spiritati genuflesso davanti ad remo circondato da glgli dorati. Al centro dell’immagine un’orbe, la Terra, circondato da una epigrafe: “ gens matucia Tasso”.
In breve abbiamo, grazie alla nostra pista, svelato l’arcano significato di questa iscrizione.
Il territorio di Sanremo in età romana era infatti possesso di una famiglia locale romanizzata il cui probabile capo aveva nome Mattucius. Di qui il nome Villa Matuciana (o Matutiana ) dato alla località. La gens Matucia, a sua volta, doveva forse il suo nome ad una divinità di origine asiatica, la Mater Matuta. Il nome attuale di Villa Matutiana deriva da San Romolo, vescovo di Genova, patrono della città. La trasformazione del nome di San Romolo in San Remo avvenne presumibilmente ne corso del XIV secolo e dal ‘400 la nuova denominazione fu definitiva. Nei documenti ufficiali in latino, che abbiamo consultato, il nome continuò ad essere scritto Civitas Sancti Romuli, ma non è raro il caso di uno stesso documento che riporti l’onomastica latina e quella volgare (Sancti Remi). Due le ipotesi sulla trasformazione: la pronuncia dialettale locale del nome Romolo (Remu); la corruzione dialettale di “Sant’Eremo di San Romolo” che sarebbe diventato San Remu e poi Sanremo.
Dato che sappiamo che TASSO corrisponde alle parole latine TEGO ARCANA SANREMENSIS SEMPER OCCULTE, ovvero “Nascondo i segreti di San Remo sempre nascostamente” , il messaggio è chiaro: La Gens Maticiana, ovvero i Sanremesi, nascondono il segreto di San Remo. Dunque si tratta di una conferma del misterioso ruolo del Priorato.
Il custode della Piramide interrogato sui significati simbolici di queste rappresentazioni non ha saputo darci alcuna indicazione utile a parte il fatto che periodicamente la Piramide viene visitata per dei “riti privati” da strani personaggi che lui definisce “Mantelloni” ( sospettiamo si tratti dei Cavalieri del Tempio dell’Ariston). In ogni caso, molto spaventato, il custode accetta di metterci in contatto con un professore di egittologia comparata dell’università Vaticana, studioso della Piramide, il Professor Aroldo Gamberini de Raikelwurz. Ci siamo recati presso l’abitazione del professore ed abbiamo suonato il campanello. Al citofono ci ha risposto una voce che sembrava provenire dall’oltretomba dei navigatori satellitari parlanti. “ Chi siete? Cosa Volete?” Chiarito che cerchiamo il Professore e perché, la voce fantasma di Tom Tom ci dice che no, il professore non c’è. Torna? Non Torna? Dove possiamo trovarlo? La voce ci informa allora che “ potrete trovare il Professore al camposanto, presso la tomba di famiglia”. Ma che è morto? “No, dice la voce Tom Tom, fa visita ai parenti”.
Raggiunto il Professore facciamo una scoperta. Nonostante il nome l’uomo di cultura è un discendente di Gaetano Donizzetti, il grande maestro dell’opera lirica italiana. Non sembra contento di vederci, anzi. La nostra curiosità lo imbarazza. E’ così che alla fine il professore ci scaccia in malo modo gridando che “No!”, non può darci informazioni. Che ha giurato di mantenere il segreto e che “No!”, non è membro del Priorato di San Remo, anzi, è un suo nemico giurato, un membro dell’Opus D. Opus D, come Opera Donizzetti, una organizzazione segreta formata da alti dignitari provenienti da molti conservatori e scuole di musica classica, operistica e da camera. La musica colta insomma contro la cultura della musica leggera. Esiste dunque uno scontro sotterraneo di potere per il possesso del “Sacro Remo” tra due mondi diversi seppure partoriti dalle medesime sette note. Uno scontro oscuro e sanguinario per il possesso dei segreti nascosti nel Codice del Tasso.
La nostra pista appare inaridirsi e perdersi in un segreto nascosto in un altro segreto. Ma un bagliore di luce emerge anche in questa intricata situazione. Proprio Donizzetti ha infatti musicato un’opera: “Il Tasso” dedicata a Torquato Tasso ed al suo amore sfortunato. Forse l’opera, il testo del libretto, nasconde indicazioni o messaggi cifrati, utili alla nostra ricerca Nel libretto originale, al terzo atto si legge:

“ELEONORA - È un gran segreto!
GERALDINI - Orgoglio sento che a me si affida.
ELEONORA - A tutti oscuro impenetrabil sempre”.
Esiste dunque un terribile e impenetrabile segreto affidato dall’amante del Tasso, Eleonora, a Geraldini. E’ forse stato anche quest’ultimo il custode dei misteri del Priorato di San Remo celati nella pergamena del TASSO? Donizetti l’ha scoperto e comunicato in una sorta di codice attraverso il suo libretto dell’opera dedicata al TASSO, acronimo nel quale si confondono l’identità del poeta e i segreti del Priorato di San Remo? Nuovi e stimolanti interrogativi! Nell’opera donizettiana il poeta finisce incarcerato e dichiarato pazzo! E’ l’inizio di una nuova pista che ci porterà, non senza sorprese nelle segrete del teatro Ariston.
IL PRIORATO, I CESTARI E LA GROTTA BAUMA
Prima di addentrarci nelle segrete del Tempio dell’Ariston sarà utile affrontare un tema importante per la comprensione delle vicende che riguardano i segreti di San Remo e il codice del TASSO.
Il fatto che sotto sotto ci sia un mistero oscuro e inviolato, che viene propagandato al solo uso e consumo degli adepti conoscitori del segreto rappresentato dal “Sacro Remo”, è provato dallo stesso slogan del festival.
Lo slogan infatti recita: “ Perchè San Remo è San Remo”. Come abbiamo visto uno dei segreti meglio conservati della nostra storia patria è proprio il “punto interrogativo” omesso nella larga promozione del festival e che, invece, secondo gli adepti del Priorato di San Remo, dovrebbe far parte integrante dello slogan. La prova della mistificazione sta ancora una volta nella storia e, come quasi tutte le cose invisibili, si trova proprio sotto il naso di chi osserva lo scenario che stiamo rappresentando.
La storia infatti ci dice, senz’ombra di dubbio, che esistevano due fratelli: Romolo e Remo. Ma ci dice anche che il nome del festival della località che ne porta il nome deriva non da Remo, ma da Romolo. Infatti a Villa Matutiæ, l’antica San Remo, era vivissimo il culto assai antico di San Romolo. Tanta fu la venerazione per il Santo, che all'inizio dell'XI secolo la cittadinanza decise di cambiare il nome del paese in "civitas Sancti Romuli". Tuttavia nel dialetto locale il nome veniva declinato nel più breve "San Romolo", pronunciato "San Rœmu", che mutuò poi intorno al quattrocento nella forma attuale “Sanremo” e “quindi San Remo”.
Da questa notizia si ricava un dato di fatto incontrovertibile e cioè che alla domanda “Perche San Remo è San Remo?” si risponde con l’affermazione “Perchè San Remo è San Romolo!”. Ed è a questo punto che il mistero del codice del TASSO comincia a disvelarsi compiutamente.

La misteriosa pergamena da cui siamo partiti in questa indagine racconta infatti che nel rito segreto PVC, che determina la vittoria del festival, si radunano gli adepti della confraternita e che vi è un officiante che, tra le altre cose, inizia l’azione rituale con una domanda rivolta al popolo degli astanti che in coro rispondo alla sua sollecitazione rappresentando così la propria sottomissione al Gran Maestro. Possiamo quindi immaginare il rito: una sorta di soppalco, con baldacchino panneggiato in rosso bordeaux e nero, l’esposizione ai convenuti, rigorosamente incappucciati, del Sacro Remo, icona del potere della setta, che viene innalzato dal gran maestro officiante verso il popolo degli adepti che apostrofati dall’interrogazione, espressa con voce tonante: “Perchè San Remo è San Remo?”, rispondono in coro convinti e con entusiasmo: “Perchè San Remo è San Romolo!”.
Si tratta, al momento, di una ipotesi che potrebbe però essere provata anche da un altro fatto: la località dove il Santo (Romolo) si era ritirato è posta ai piedi del Monte Bignone, è oggi chiamata "San Romolo" ed è una frazione della città di San Remo. In questo luogo la grotta occupata un tempo dal vecchio eremita è detta “bauma” ( oggi trasformata in chiesetta con l'ingresso protetto da una inferriata, e contiene all'interno una statua di San Romolo morente sopra un altare barocco).
Ecco quindi spiegato il mistero dell’affresco contenuto all’interno della Piramide Cestia. Il vecchio rappresentato a Roma nell’affresco della piramide Cestia, nell’atto di adorazione davanti a un remo, il Sacro Manufatto posseduto dal Priorato di San Remo, con l’epigrafe “ gens matucia Tasso” (la gens matucia erano gli antichi abitanti di San Remo), altri non è che il venerato San Romolo, rifugiatosi nell’ “e-remo” divenuto poi San Eremo e quindi San Remo di San Romolo. L’identità di Remo, dell’eremo e di Romolo si confondono quindi in un elemento iconografico e didascalico sconosciuto che è però perfettamente coerente col fatto che la piramide romana sia stata denominata “Piramide Cestia”.
L’etimologia del nome, mai sinora spiegata in modo esauriente, ha la stessa origine romana dell’antica “Villa Cestia”, oggi via dei Cestari, di coloro cioè che fanno cesti, intrecciando fibre vegetali.
Non si tratta di un riferimento casuale. Tutti sappiamo la storia di Romolo e Remo: i gemelli fondatori di Roma abbandonati, in un cesto di fuscelli intrecciati, in braccio alla corrente di un fiume per essere salvati da una lupa. Alle spalle di Sanremo, come si è detto si eleva, sfiorando i 1300 metri slm, il picco del Bignone (con i resti dell’antica fortificazione preromana) e a quota 786 metri lungo il torrente omonimo, si staglia l’originario borgo di San Romolo.
Non del Tevere quindi doveva trattarsi, nel caso di Romolo e Remo, ma del torrente Bignone. Il codice Tasso, la chiave del potere del Priorato di San Remo, nasconderebbe quindi un terribile segreto in grado di modificare la storia, una verità nascosta per millenni e che se fosse compiutamente rivelata potrebbe costringere lo Stato italiano a spostare a San Remo la capitale del paese dimostrando nel contempo che anche il Vaticano dovrebbe trasferirsi in Liguria. Una vera catastrofe dalle conseguenze inimmaginabili, sopratutto dal punto di vista morale e immobiliare, in grado di minare le fondamenta stesse dell’esistenza di due stati stravolgendo allo stesso tempo la storia della Cristianità: San Pietro infatti dovrebbe trasferirsi nella più importante chiesa di San Remo, la chiesa Russo Ortodossa voluta dall’Imperatrice Maria Alexandrovna, ponendo un gravissimo problema di ruoli tra il Papa e i Patriarchi della Chiesa Orientale , riproponendo questioni rimaste in sospeso sin dai tempi della divisione tra Sacro Romano impero d’Oriente d’Occidente e sancendo una antistorica vittoria di Costantinopoli su Roma. Una situazione che dà la misura dell’enorme potere detenuto dal Priorato, rappresentato dal “Sacro Remo” e che nel contempo dà anche la misura del livello e dell’oggetto dello scontro tra quest’ultimo e l’Opus D., l’Opera Donizzetti che lo contrasta.
Ma proprio dall’etimologia del nome del fiume Bignone potrebbero venire altre nuove e sconvolgenti rivelazioni.
L’evoluzione linguistica dell’etimologia del nome del fiume è infatti analoga a quella percorsa della trasformazione del nome Romolo in Remu. Entrambe sono infatti dovute ad una influenza dialettale acquisita dai liguri di epoca preromana e dovuta ad una migrazione precolombiana di marinai provenienti dall’america latina, in particolare dall’odierno Brasile, una regione scoperta più di mille anni prima di Colombo, dai Templari dell’Ariston.
Bignu in brasiliano è infatti un nome corrispondente al nostro Fabio. Bignone significa pertanto i Grandi Fabii. Il riferimento è chiaramente alla gens Fabia, la potente famiglia romana dei Fabii cui viene fatta risalire dagli storici la sacralizzazione della corporazione dei “Cestari “ che pare avessero un importante ruolo nella gerarchia occulta dei sacerdoti delle religioni aristocratiche romane.

Una confraternita evolutasi in Ordine iniziatico e sopravvissuta, nel proprio ruolo, ad ogni sincretistica evoluzione seguita all’editto di Costantino. Il cestaro viene spesso raffigurato nelle tombe romane vestito di una corta tunica senza maniche e con berretto di forma conica. Accanto a sè ha sempre dei fiori, violette per l’esattezza, simbolo di San Remo, una lira simbolo della musica e della poesia e un remo cui è avvinta una pianta d’edera.
Non è un caso ma è, a questo punto, un nuovo richiamo, un riferimento, alla biografia e all’opera, ancora una volta, del Tasso.
Nella Gerusalemme Liberata, l’opera più famosa di Torquato Tasso, l’autore ha infatti dovuto subire la censura di un passo peraltro molto noto, “Erminia e i Pastori”, espunto dal testo originale.
Scrive il poeta (parafrasi):

“La donna non si svegliò finché non sentì il cinguettare felice degli uccelli, il mormorio del fiume (il Bignone?) e il rumore dell'aria che giocava con le erbette, con i fiori e con l'acqua del fiume. Erminia apre gli occhi tristi e guarda le sperdute case dei pastori, e le parve di udire tra l'acqua, i rami ed i sospiri, una voce che la chiamava. Mentre Erminia continua a piangere, i suoi lamenti sono interrotti da un suono deciso che sembra di accento pastorale, connotato da una certa rustichezza. La donna si alza e vede un uomo canuto (San Remo, il vecchio eremita del monte Bignone affrescato nella Piramide Cestia!) che, a passi lenti e cantando insieme con due ragazzini (ecco Romolo e Remo), intrecciava fuscelli (presumibilmente per fare dei canestri). Vedendo apparire la persona armata estranea, coloro si sbigottirono, ma Erminia li saluta e li rassicura con dolcezza, scoprendo i capelli biondi e gli occhi (Ecco il modello delle note vallette del festival). “Continuate pure il vostro lavoro gente, - dice Erminia - perché tale lavoro è bene agli occhi divini: la guerra e le armi non sono considerate come le vostre opere e i vostri dolci canti”.

E’ chiaro: quelli rappresentati dal Tasso sono i canti dei Cestari, gran sacerdoti dell’omonimo ordine, la matrice autentica del festival di San Remo. Di più, il poeta si riferisce anche ad una Grande Opera di cui sono investiti, in quanto PASTORI e cioè guida di un popolo, in grazia del favore con cui Dio guarda loro. Ecco che il legame è scoperto e reso evidente. Romolo, Remo, il Tasso, la Piramide Cestia, i Cestari, il mistero dell’origine della città eterna e quello della città dei fiori, le opere e i dolci canti, sono inestricabilmente legati da un unico segreto che da Roma porta alla misteriosa grotta “Bauma” di Borgo San Remo/Romolo.
Ma l’origine del nome di questo eremo tradisce nuove sconvolgenti rivelazioni.

In recenti scavi archologici svolti nel sito dell’antico Castrum romano sul “Picco del Bignone”, poco sopra Borgo San Remo/Romolo, è emersa una incisione lapidea che recita: “Parvimiles Bauda”.
Si deduce da questa antica pietra una comunicazione importante. All’origine del sito la zona doveva chiamarsi Bauda, un nome diventato solo nei secoli successivi Bauma. Di più, ed è clamoroso, l’iscrizione riporta la memoria millenaria di un piccolo soldato, un piccolo milite, un militello insomma, di nome Bauda appartenete alla “gens Bauda” che dopo aver colonizzato la costa nord orientale del Tirreno deve aver fondato in Sicilia l’omonimo centro, Militello appunto, in cui è nato, essendone probabilmente un discende, l’attuale presunto Gran Maestro del Priorato di San Remo: Pippo Baudo!!!!
Si tratta di una svolta clamorosa nella nostra inchiesta. Non resta quindi che raggiungere ed esplorare la grotta Bauma perchè certamente in quel sito è di sicuro conservato il segreto che permette di accedere alla cripta, al sotterraneo, al sancta sanctorum dei segreti celati sotto il Tempio dell’Ariston, il luogo dove è conservato, protetto dai TAR, il “Sacro Remo”, di qualunque cosi si tratti.

IL 13 GENNAIO

Fin qui abbiamo tratteggiato uno scenario inquietante individuando ben tre associazioni segrete in grado di influenzare il risultato del Festival di San Remo: il Priorato di San Remo, i Cavalieri Templari dell’Ariston e l’ordine Iniziatico dei Cestari, nascoste una nell’altra, come in un gioco di scatole cinesi, impegnate nella custodia di un Sacro Manufatto, il Sacro Remo, che conferisce a questi ordini assai antichi, ma tutt’oggi viventi, un immenso potere sulla discografia e la vita della musica Italiana.
Il potere di queste organizzazioni si fonda sul possesso di un segreto, simbolicamente rivelato agli iniziati nel cosidetto Codice del Tasso, un segreto tanto inconfessabile da permettere un permanente ricatto nei confronti di altri importanti poteri interessati a che non venga riscritta la storia della nazione. A questa situazione, nel tentativo di mantenere lo “Status Quo”, si oppone una confraternita formata da alti dignitari delle università musicali italiane, i (non a caso) conservatori. Si tratta dell’Opus D., l’impenetrabile Opera Donizzetti che vorrebbe impadronirsi del Sacro Remo per annullare il potere del Priorato, annidato nel mondo della musica leggera italiana, per trasferirlo in quello della musica colta. Un percorso tortuoso ci ha quindi portato oggi davanti alla “Grotta Bauma”, in frazione San Romolo, poco distante da San Remo, a metà strada tra quest’ultimo e il “Picco Bignone”.
Ad una prima e superficiale analisi la cappelletta oggi ricavata nell’eremo, per quanto suggestiva, non sembra offrire gli spunti di verità che ci saremmo aspettati se si eccettua la straordinaria somiglianza tra la rappresentazione iconografica di San Romolo, che ivi si trova esposta alla devozione popolare, e il vecchio eremita affrescato davanti ad un “Remo” nella Piramide Cestia.
Ma osservando meglio la rappresentazione del Santo ci siamo accorti di un particolare, un dettaglio mai notato prima: al posto della firma del pittore autore della pala su cui è rappresentato il santo (Romolo) che ha dato il nome a San Remo, c’è una strana sigla: ISBN - AG-V- L.
La parola AGVL, che ne risulta, è assolutamente priva di significato. Tantomeno risultano censiti nella storia dell’arte pittori o agiografi del santo con questo nome. Riguardo alla sigla AGVL siamo pertanto arrivati alla conclusione che debba trattarsi di una comunicazione in codice. Già, ma quale? Il riferimento ISBN ci ha fatto immediatamente pensare al codice di soggettazione bibliotecaria dei libri. Ci siamo allora recati presso la Biblioteca di San Remo ed abbiamo così scoperto che alla catalogazione “AG – 5 – L” corrisponde un “Fondo Filogamo” che raccoglie una serie di antichi manoscritti depositati presumibilmente da Nunzio Filogamo, il primo presentatore del Festival di San Remo, alla data del 13 gennaio. Stranamente nel fondo però non risulta indicato l’anno di deposito. Questa particolarità ci ha incuriosito. Ci siamo resi conto infatti che la sigla AG-V- L, considerando le lettere come numeri, compone la cifra 13 10. La A corrisponde all’1, la G al 7, la V in numeri romani al 5 e la somma 1+7+5= 13.

La “L” è poi la decima lettera dell’alfabeto. Il tredici deve avere quindi un qualche significato speciale nella vicenda anche in considerazione del fatto che il calendario riporta la festa onomastica di San Romolo ( che sappiamo essere San Remo) il 13 ottobre: il 13 del 10 appunto. Abbiamo pertanto richiesto agli addetti della biblioteca di poter visionare il “Fondo Filogamo”. Per tutta risposta ci siamo sentiti dire, dopo circa 3 ore di inutile attesa, che il fondo non si trova, non è al suo posto e probabilmente è stato riposto sotto un’altra collocazione che solo chi ha effettuato lo spostamento può conoscere. Un imprevisto che sembra la fine della nostra pista e della speranza di svelare i segreti del Priorato di San Remo proprio quando sembravano più a portata di mano. Lo sconforto per aver perso la nostra pista è durato però solo sin quando siamo stati illuminati da una impensabile intuizione suggerita dalla misteriosa data di deposito del fondo: il 13 gennaio. Ci siamo infatti ricordati della “meta Remi”, il sito della tomba di Remo a Roma. Remo, ucciso da Romolo sul Gianicolo, il colle il cui nome deriva dal Dio Giano. Si tratta della stessa etimologia da cui deriva proprio il nome del mese di gennaio, Januarius in latino, il mese di Giano. Ma gennaio è anche il primo mese dell’anno e quindi abbiamo ripetuto la nostra richiesta per visionare il “Fondo Filogamo” sostituendo la L, decima lettera dell’alfabeto, che abbiamo immaginato coincidente con il mese di ottobre, data della festa di san Romolo/Remo, con la A, la prima, parimenti coincidente con quello di gennaio. Ed infatti alla collocazione AG – 5 – A siamo riusciti a rintracciare la preziosa raccolta di antichi documenti suggeritaci dall’iscrizione sulla pala dipinta nella grotta Bauma.
Una volta entrati in possesso del raccoglitore ci siamo trovati tra le mani una carpetta in pelle di capretto contenente alcune pergamene.
Una di queste ci è apparsa assai interessante ed assai simile ad una profezia. Ecco il testo:

« P.S. E’ stato il Tasso a mettere in mente ai 58 maestri di eseguire il suo progetto. Così agi­ranno di comune accordo e daranno il loro potere al successore fino a che non sia com­piuto tutto ciò che il Tasso ha detto.
Il Venerabile tra loro, Maestro tra i Maestri, rappresenta uno che venne una volta, e torno’ per 12 volte ancora; ora sta per salire dal mondo sotterraneo e andare verso un destino definitivo. Gli abitanti della terra si meraviglieranno vedendo che il maestro compare, scompare e sta per riapparire. Lo diranno mostro, con sette voci, ciechi alla bellezza. Esso è colui che era una volta e tornerà altre 12 e gli altri 26 gli faranno ala come fratelli segreti insieme a colui che 11 volte è tornato».
« Qui ci vuole un pò di intelligenza: sono 28 i maestri, 58 i periodi, 7 le voci come sono 7 i sette colli e sono anche 7 i Re, ma solo uno, quello di gennaio, sa il vero del verbo. 27 sono già caduti, uno regna ora, l’ultimo non è ancora venuto. PVC e così sia. Il 13 gennaio».

Ci siamo così trovati difronte ad una profezia da interpretare come un indovinello. Nella profezia si fa esplicito riferimento alla pergamena segreta del TASSO che dovrebbe aver contenuto la chiave di volta per spiegare il potere del “Sacro Remo”. I 58 maestri dovrebbero essere i presentatori delle 58 edizioni del Festival negli anni tra il 1951 e il 2008, che sono 28. 27 hanno già “regnato” ed uno, il 28° (regna ora!!!) e si presenterà al pubblico, come abbiamo visto nella prima serata del Festival, venendo dal mondo sotterraneo. Venne una volta, si dice, e torna per altre 12, e cioè presenterà 13 edizioni. E’ Pippo Baudo, non possono esserci dubbi. E’ lui infatti che in un remoto passato ha presentato e animato il concorso canoro “Sette Voci” per la televisione di Stato. La vicenda sembra assai interessante: quella di quest’anno è infatti la 58° edizione e 5+8 fa ancora una volta tredici. Colui che per 11 volte è tornato, che cioè ha presentato 11 edizioni, non può essere altri che Mike Bongiorno, 11 volte presentatore della manifestazione a partire dal 1963, anno della 13° edizione del festival. Il numero 13 sembra pertanto avere un particolare significato per il Priorato di San Remo. E’ evidente pertanto che l’edizione di quest’anno, come già quella del 1963, dovrebbe avere per il Priorato un significato perticolare in onore di questo numero ricorrente.

Ma ancora una volta, per capire il passo successivo in questa caccia, ci viene in aiuto la dimensione mitologica della cultura segreta sottesa alla filosofia del Festival: l’abbiamo detto, siamo in piena etimologia e significazione greca poiché l’ARISTON omerica è proprio la prima refezione del mattino; mentre dopo Omero indicò anche il desinare o pranzo. Dal che si capisce la ragione dell’essenza stessa del segreto del PRIORATO DI SAN REMO: un rito di refezione, un’agape, un banchetto. Un Banchetto in 13, come l’ultima cena di Gesù Cristo. Il che non significa che tra i commensali vi sia un Dio. Più probabilmente significa che l’interessante, per essere in 13, è scoprire chi sia il tredicesimo. Un Iscariota ? Un traditore? O, forse, più probabilmente, un tradimento annidato nell’origine stessa del Priorato.

Insomma il nostro “gioco” improvvisamente sembra farsi oscuro e pericoloso. C’è qualcuno o qualcosa che trama nell’ombra e da costui dovremo necessariamente guardarci, alle spalle. Ma la profezia contenuta nel “Fondo Filogamo” nasconde ancora un piccolo ma importante segreto. Il saluto che infatti ha reso famoso Nunzio Filogamo come presentatore era il tormentone “Amici vicini e lontani, Buona Sera. Ovumque voi siate, benvenuti a San Remo”. Non è possibile un riferimento al famoso presentatore senza ricordare il suo tipico saluto. Ma pensandoci bene si capisce che in questo saluto è nascosto un messaggio in codice. E’ evidente infatti che, riferito al pubblico del festival esso ha poco senso. Si sa benissimo infatti dove sia il pubblico che assiste alla manifestazione: a San Remo seduto sulle poltrone in teatro! E’ chiaro quindi che in quel saluto vi è la chiave del passaggio che permette di accedere alla cripta segreta nota come Tempio dell’Ariston. Come arrivarci? É semplice. Le poltrone di un teatro sono esattamente come le coordinate geografiche di latitudine e longitudine i cui dati sono costituiti da numero della fila e dalla poltrona. E’ chiaro quindi che cercando la fila 13 polrona 1 o fila 1 poltrona 13, come 13 gennaio, dovrebbe essere possibile trovare il passaggio.

IL SEGRETO SVELATO

Ed eccoci dunque all’interno dell’Ariston, il Tempio della musica leggera Italiana. Le luici sono ormai spente e il sordo grigiore di un’aula vuota sembra permeare come un’aurea oscura le pareti che sino a pochi giorni fa grondavano le note e gli scitillanti bagliori del rutilante mondo festivaliero. Seguendo le coordinate rivelateci dalla profezia del “Fondo Filogamo”, ginocchia e naso a terra, diamo la caccia a un passaggio segreto sotto le prima e la tredicesima poltrona della tredicesima e della prima fila. Purtroppo sotto queste poltrone e nelle loro vicinanze non c’è nulla. Pare proprio che sin qui siamo arrivati, ma non riusciremo ad andare oltre. Possibile che il “Fondo Filogamo” ci abbia condotti in un vicolo cieco? Se è così si tratta senz’altro di un diversivo costruito ad arte per depistare i nemici del Priorato di San Remo e proteggere i segreti che questo custodisce gelosamente.
Pensandoci bene forse avremmo dovuto riflettere più a lungo, senza dare per scontato il risultato più ovvio della nostra investigazione.
Avremmo dovuto infatti chiederci, forti della esperienza sin qui acquisita nelle segrete cose del Priorato, per quale motivo il fondo della biblioteca sia stato attribuito proprio a Nunzio Filogamo. La risposta più ovvia è che essendo stato quest’ultimo il primo presentatore del Festival, sia toccato a lui consolidare le prime tracce della memoria segreta della manifestazione. Una risposta a dire la verità troppo semplicistica.



Difronte al nostro insuccesso ci siamo infatti chiesti perchè, proprio a Filogamo sia stata assegnata questa incombenza. Non sappiamo infatti se il documento nascosto nella Biblioteca di San Remo sia effettivamente stato depositato da Filogamo. Sappiamo però per certo che a lui è stato affidato il compito di presentare le prime edizioni del Festival. Già, perhè proprio a lui? Forse per il suo nome altamente simbolico.
Nunzio infatti vuol dire ambasciatore, colui che porta una notizia, un annuncio. Nome quindi assai appropriato a un presentatore. Il cognome, poi, Filogamo, deriva da due parole greche di preciso significato: Philogamos, Philo che vuol dire amante, colui che ama, e Gamos che significa accoppiamento, unione o nozze. Nunzio Filogamo significa dunque colui che annuncia l’amore per l’accoppiamento o l’unione o le nozze. C’è da chiedersi quali nozze o quale accoppiamento dato che il senso da attribuire a questo messaggio deve necessariamente avere una valenza simbolica e non meramente materiale.

Mentre ci interroghiamo su questo inestricabile mistero ci rendiamo conto del tragico errore che stiamo commettendo.
Ai tempi di Nunzio Filogamo il Festival infatti non si teneva all’Ariston ma nel teatro del Casinò di San Remo, il luogo da cui è stato trasmesso nell’edizione di quest’anno il “dopo Festival”. Eccoci dunque, armati di una antica piantina del vecchio teatro del Casinò, impegnati nella ricostruzione della posizione della tredicesima poltrona della prima fila relativa all’edizione del 1951. Individuato il sito, sotto un pannello di rivestimento del pavimento, troviamo una sorta di botola. Eccoci ad un passo dal disvelarsi di uno dei segreti meglio conservati della storia. Con timoroso rispetto scendiamo così in una sorta di antro attraverso una ripida scala in pietra che ci conduce in uno spettrale vestibolo sotterraneo. Le pareti di roccia polverosa non sembrano offrire alcuno spunto di interesse e, di fronte a noi si aprono tre distinte, basse e buie, gallerie.
E’ evidente che per arrivare alla cripta dobbiamo percorrerne una: ma quale?
Nella parete frontale rispetto alle gallerie vi è solo un segno inciso, scolpito nella roccia: assomiglia molto alla rappresentazione grafica con cui, nella moderna informatica, viene indicata la connessione USB. Si tratta evidentemente di un crittogramma che rappresenta la mappa per giungere al segreto. Ed ecco improvvisamente la spiegazione del mistero. Il simbolo della connessione USB, che tutti adoperiamo, ha infatti una precisa origine simbolica. Rappresenta la “Runa YR” detta anche “Runa del Tasso”!
La Runa YR rappresenta sia l’arco, con la freccia incoccata, che l’albero del tasso, legno con cui ogni buon arco deve essere fatto.
E’ un simbolo di vita perchè l’albero del tasso e’ famoso per la sua longevità.La runa YR è però anche un simbolo di morte: la freccia uccide così come i frutti dell’albero del tasso e la sua corteccia che sono velenosi. YR appresenta quindi la dualità e l’unione degli estremi, le opposte energie che provocano il mutamento: l’unione annunciata con la scelta di Nunzio Filogamo come primo Gran Maestro del Priorato di San Remo!
Ma la freccia, nel caso di questo oscuro ambulacro, in relazione con la filosofia sottesa al Codice del Tasso, è anche l’ovvia chiave di decrittazione di questa specie di mappa scolpita nella roccia. Per sapere dove andare bisogna seguire la freccia, incoccata al centro dell’arco. Tra le tre la gallerie da imboccare, quella giusta, sarà solo quella posta al centro.
E’ così che, dopo un tempo che non sapremmo definire, nella galleria gli orologi si sono fermati simultaneamente e la bussola è completamente impazzita, dopo aver avanzato nell’oscurità lungo un percorso che si snoda come un budello nelle viscere di San Remo, in preda ad una comprensibile emozione, alla fine sbuchiamo in un’aula ampia con un pavimento rivestito di pietre quadrate ognuna di un metro di lato. La sala misura 13 x 10, certamente una rappresentazione simbolica del 13 ottobre, festa onomastica di San Romolo che, come narrato nelle precedenti puntate, sappiamo essere Remo.
La volta dell’aula è divisa in 13 spicchi, similmente al cielo di una cattedrale gotica. Al centro, dietro un grande banco in legno, si trova una incisione scavata nella pietra con caratteri gotici.
Al centro dell’iscrizione, infisso nella roccia, c’è un remo. A terra un mazzetto di violette, il fiore simbolo di San Remo. Eccolo, il sacro manufatto custodito dal Priorato, il simbolo del suo potere segreto, il timone che guida la rotta dei nocchieri che pilotano la musica leggera italiana.
Nell’iscrizione che gli fa da contorno, finalmente, la chiave e la spiegazione di tanti misteri:
Sappiate , oh genti, che tra gli anni in cui gli oceani inghiottirono Matutia e le sue splendide genti, e gli anni dell'ascesa dei figli di Remo, vi fu un'età d’oro durante la quale fantastici canti erano disseminati nel mondo, come note celesti sotto le stelle. La dolce Civitas Remi, la ricca e fertile terra degli adoratori del Remo, le cui tombe a piramide, si dice, siano protette da malefiche ombre e da orribili maledizioni, era la capitale del mondo d’oro: delle ugole d’oro.
Nella terra delle ugole viveva e prosperava il nostro grande popolo: il popolo delle antiche leggende che sta all'origine di tutte le favole che in musica ancora si raccontano ai nostri giorni: il popolo dei Remidi, detto delle 13 note.
13 erano le tribù corrispondenti a ogni nota:Do, Do#, Re, Re#, Mi, Fa, Fa#, Sol, Sol #,La, La#, Si.
A queste 12 si aggiungeva la tredicesima nota, la nota segreta della famiglia dei gran Maestri incogniti, la nota che non puo essere pronunciata ma solo suonata dall’unica corda dell’arco costruito con il legno di tasso preso da un ramo del grande albero sacro della foresta di Remo.
Un triste giorno tutto sembrò perduto nella lotta eterna con gli esseri delle tenebre che incendiarono la foresta di Remo e distrussero il grande albero sacro di tasso. Era l’avvento dei secoli bui. Ma un manipolo di coraggiosi che si chiameranno TAR, i13 templari dell’Ariston, riuscirono a salvare un pollone nato dalle radici del grande albero sacro, eternamente confitte nella terra profonda. Il pollone fu messo in salvo nascosto sotto due infanti, gemelli, chiamati Romolo e Remo in onore del popolo dei Remidi, e affidati alla corrente di un fiume in un canestro magico fatto di fuscelli intrecciati dai maghi cestari. I 13 templari e i loro figli e fratelli, che si facevano passare per cestari, per secoli coltivarono in segreto il “Sacro Virgulto”, intrecciando canestri per ingannare l’attesa, finchè ne ottennero abbastanza legno per sagomare questo “Sacro Remo” figlio segreto della pianta sacra del tasso del Bosco di Remo. Questo manufatto, quando verrà il giorno del ritorno della nota perduta, sarà trasformato in un arco perchè questa, frutto della tensione della corda, invada il mondo e liberi dalle loro catene i figli della stirpe di Remo. In attesa di quel giorno molte sono state le migrazioni, le separazioni e i trasferimenti per proteggere il “Sacro Manufatto”da mani sacrileghe finchè, in questo 1951, nelle segrete del teatro Ariston, nostro tempio, edificato ove un tempo sorgeva la foresta di Remo, stabiliamo che sia, come è, il rifugio segreto del nostro sacro simbolo.
Da qui e da oggi andremo nel mondo, poichè “l’era del ritorno” è vicina. Nota è la nostra abilità nel renderci invisibili al mondo dei profani e degli innocenti.
Così come intorno ai focolari, nelle fredde e lunghe notti del Nord, si raccontavano le storie delle nostre mirabolanti e favolose imprese, oggi davanti alla radio e domani davati al videofono (televisore nda) si racconterà della nostra capacità di incoronare Re, Reucci e Regine della Canzone Italiana come può solo chi possiede il segreto della Tredicesima nota. L’uinione che amiamo, il nostro Philos Gamos, è quella di questa nota con l’aria e la terra: è questo il nostro desinare, l’Ariston che da nutrimento alla nostra anima.
Poiché per secoli molti hanno fatto uso degli archi, su viole, violoncelli e violini, per portare offesa alla nostra fede, senza mai poter eseguire quell’unica e irripetibile nota, scegliamo a nostro simbolo le violette irridendo tanta inutile presunzione. Per secoli il suono della corda ha continuato ad essere emesso in modo profano senza che nessuno potesse comprenderne l'arcano significato o creare le irripetibili armonie dell’unica nota sacra, unita nel principio dell’accordo trinitario, alle coppie di altre note . Un tentativo vano e impossibile in assenza di un arco costruito col legno del Grande Tasso del bosco di Remo .
Ciò nonostante, da poche anime libere, la memoria del sacro suono veniva ancora debolmente udita ma solo in presenza di esecuzioni musicali che avessero il potere di far vibrare, come fosse cosa viva, il legno del Sacro Remo che qui è custodito, infisso nella roccia: che questa vibrazione spezzi la roccia, risorga l'epica stirpe di Remo, risuoni la nobile nota del tasso, risplenda, di nuovo alla luce, levato verso il cielo, obelisco tra gli obelischi, il Sacro Remo".

Ecco spiegato il mistero del potere detenuto dagli adepti del Priorato di San Remo: il segreto della tredicesima nota. Nel labirinto oscuro, che dai sotterranei del tatro del Casinò ci ha condotti alla cripta dell’Ariston, scorre una sorta di ruscello. Ci è impossibile trovare la via del ritorno, il dedalo di gallerie in cui ci siamo infilati è senza uscita e, nostro malgrado, siamo bloccati qui.
Scriviamo quindi storia affidandola ad una bottiglia in balia della corrente di questo ruscello, come già accadde al piccolo cesto di Romolo e Remo, nella speranza che vi raggiunga e che il mondo possa finalmente conoscere il segreto che abbiamo svelato. Simbolicamente, quasi per contappasso, il destino vuole che la stessa strada che ha preservato il segreto secoli fa oggi serva a rivelarlo. Se leggerete questa corrispondenza vuol dire che nonostante tutto avremo vinto l’oscurità del segreto e vi preghiamo di portare al mondo questa luce facendovi apostoli della verità. Ma, sopratutto, vi preghiamo, col cuore in mano, di venirci a cercare. Qui, fino alla prossima edizione del festival non verrà nessuno e, per allora, per noi, martiri della verità, potrebbe essere davvero troppo tardi.

(Fine ?)